domenica 11 marzo 2007

Mario Bottega

Via della Lungara, a Roma, è un posto magico per tutta una serie di motivi: ad esempio, vi si può ammirare la Farnesina di Baldassarre Peruzzi. Situata a pochi passi dalle acque mefitiche del Tevere ( in cui è possibile scorgere sorci deformi e stronzi di cacca alti 2 m, biondi e con gli occhi azzurri sfidarsi nello stile libero ), la Villa commissionata dal banchiere Agostino Chigi 5 secoli orsono rifulge tuttora di luce propria. Costruzione innovativa, tanto nella composizione della pianta quanto in quella delle facciate ( a mio avviso il Peruzzi è stato colui che ha permesso l' elaborazione dello stile sintetico di Sangallo il Giovane, mio idolo di infanzia ), viene ricordata soprattutto per gli affreschi murari dello stesso Peruzzi, che fu pittore in primis, e di Raffaello Sanzio. Mirabile è l' uso della prospettiva in questi cicli pittorici e, forse, val la pena ricordare che fu proprio Raffaello ad introdurre definitivamente questo tipo di rappresentazione nella messa a punto del progetto architettonico. Divenuto primo architetto della fabbrica di S. Pietro dopo la dipartita del Bramante, Raffaello si trovò ad affrontare subito un problema di difficile risoluzione: capire che cazzo di pianta ( centrale o basilicale ) volesse usare il buon Donato. Eh sì, perché Bramante s' era adoperato con ogni mezzo solo per risolvere i problemi dell' idea sintetica di base che gli aveva permesso di vincere il concorso indetto dal Papa Giulio ||: il Cupolone. Cosa ci fosse sotto lo splendido cupolone che avrebbe dominato gli orizzonti romani non si sa: a quel tempo non si produceva gran mole di disegni ma ci si concentrava essenzialmente sui plastici in grande scala, anche 1:1 nel caso di dettagli architettonici. Le linee guida del progetto venivano tracciate sul terreno e poi di tanto si radunavano le maestranze e si impartivano ordini con lo scudiscio. Raffaello pensò allora di introdurre le sezioni verticali e le dannate prospettive che tuttora ammorbano architetti, ingegneri e, amaritudo in fundo, geometri. Ma io sto divagando e torno sulla retta via: durante il lavoro alla Farnesina, il Sanzio amava ristorarsi presso un' osteria lì vicino, a due passi da Porta Settimiana, che esiste ancora oggi con il nome di Romolo nel giardino di Raffaello e della Fornarina. Luogo mistico, dalla bellezza abbagliante, frequentato, sin dall' alba dei tempi, dall' elite culturale: dallo stesso Sanzio a Sebastiano del Piombo, da Trilussa a Guttuso fino al sottoscritto, tutti i migliori si sono abbuffati nello splendido giardino circondato dalle Mura Aureliane. Ed è qui che incontriamo il primo protagonista della categoria ευ λογος (elogio): Mario Bottega. Mario è un cameriere del ristorante. Il nome è ovviamente fittizio, nel rispetto della normativa sulla privacy: ho scelto Mario per l' incredibile cacofonia ( mica per niente l' ho scelto anche per il mio nickname ), mentre Bottega ha un' origine ben più elaborata: deriva dall' esperienza scioccante dell' aver visto, la prima volta, il suddetto con la bottega dei pantaloni aperta mentre serviva allegramente tra i tavoli. Lungi dal costituire elemento di valutazione negativa per il ristorante ( davvero ottimo ), ho interpretato, speranzoso, la cosa come vezzo del Mario. Ahimè, trattasi non di abitudine, perché mai più verificatasi, ma di semplice sbadataggine dopo aver cambiato l' acqua al pesce. Bottega è persona ineffabile, oltremodo squisita e cortese. Ama perseguitare i clienti facendosi gli altrui cazzi, ma in modo sempre leggero e simpatico. Lo puoi intravedere con la coda dell' occhio, durante la degustazione della sontuosa carbonara o della godereccia lombata alla griglia, mentre ti spia con fare dilettantesco e ti piace immaginarlo mentre si cava un occhio per lanciarlo nel generoso décolleté della tua dama. Se il locale non è stracolmo di stranieri, puoi ammirare il Mario mentre fa il finto vago tra i tavoli, sempre pronto però a sfoderare la fluida e logorroica ars dicendi non appena ne incroci lo sguardo. Tifa Lazio, il Mario, e questo è sicuramente un punto a sfavore, un elemento negativo che però è ampiamente subissato dai pregi:
  1. Mario è fermo al 1800, qualsiasi oggetto contenente componentistica elettronica, che non si limiti cioè alla carrucola, al verricello, al rullo e alla leva, genera in lui stupore e sorpresa: se tiri fuori una macchinetta fotografica digitale ti chiede, ridendo, cosa sia. "Ma le scritte sul display poi compaiono nella foto?";
  2. Mario dà l' idea di provarci costantemente con la tua compagna, nonostante la tua ingombrante presenza. Ma è idea sbagliata: si caverebbe un occhio ( per lanciarlo nel generoso décolleté della tua dama ) piuttosto che darti un dispiacere;
  3. Mario ride. Ride sempre, a costo di suscitare l' impressione della paresi facciale. Ma ti trasmette allegria ed è naturalmente simpatico;
  4. Mario ti schifa apertamente se tu, uomo, non spruzzi virilità come un geiser;
  5. Può capitare che Mario ti prenda apertamente per il culo, ma solo dopo che un minimo di intimità è stata raggiunta;
  6. Mario ti passa sottobanco i liquori, ma solo dopo che un minimo di intimità è stata raggiunta e solo una volta all' anno;
  7. Mario non ci pensa due volte, se invitato, a sedersi al tavolo con te e a mangiarsi il tuo pasto: mi raccomando, non fatelo mai;
  8. La sua provenienza è dubbia ( suppongo qualche remota provincia laziale ), evita con astuzia domande sullo stato civile, per il resto parla pure troppo ed è generoso, come già detto, nel farsi i cazzi tuoi: questo non fa che aumentarne il fascino di stampo prettamente bogartiano di per sè già insostenibile;
  9. Sospetto porti il toupè, ma molti hanno smentito questa mia ipotesi. E meno male: il toupè non farebbe altro che aumentarne il fascino di stampo prettamente bogartiano di per sè già insostenibile;
Insomma, la faccio breve: Mario è una di quelle persone che stimo, è il cameriere che vorrei essere se dovessi fare il cameriere, è solare, simpatico, allegro, non come quella merda di Geremia, il ricchione che lavora alla Pergola e che ti tratta uno schifo. Bottega è parte integrante ( Destino beffardo ) di alcuni dei ricordi più belli che ho e merita di essere il primo protagonista di ευ λογος. Grande Bottega. E come canta Ligabue:

"Ci vediamo da Mario, prima o poi..."

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