mercoledì 28 marzo 2007

Beppe Grillo

Stasera sono andato al Palalottomatica, la mirabile costruzione ideata nel '56 da Marcello Piacentini e Pier Luigi Nervi, per assistere allo spettacolo "Reset" di Beppe Grillo. Entrato nel parcheggio del palazzetto un' autentica sorpresa: quattro vecchie grassone svolgevano l' infausta mansione di parcheggiatrici abusive. Solitamente tendo ad evitare i parcheggi custoditi da questi tristi figuri ma le quattro vecchie laide esercitavano un fascino troppo grande e, in ogni caso, non avrei potuto evitarle a meno di non parcheggiare ad Ostia. Sciatte, malvestite, una addirittura in ciabatte ( non sto mentendo ), ma estremamente ben nutrite, le quattro arpie ostentavano un notevole sprezzo del ridicolo, un lessico primordiale ed una arroganza senza pari. La più grassa di tutte, probabilmente la boss delle trucide, governava il traffico seduta su una sedia a rotelle, con un potente fischietto. Memorabili i suoi occhiali: sulle lenti si potevano distinguere con facilità cozze e frutti di mari. Noi facciamo i vaghi: "Ma che dobbiamo pagare il parcheggio?". Lei, ancora più vaga: "Al tuo buon cuore". Noi, vaghissimi, allunghiamo 1 euro e 40 e lei ci apostrofa con un miserabile :"Che me fai l' elemosina?". Brutta grassona di merda! Mi aspettavo come minimo un "te sgaro 'a panza", una ciabattata in faccia o un vigliacco ricamo sulla fiancata della mia macchina. Niente, un cazzo, il lavoro di parcheggiatore abusivo non si inventa dall' oggi al domani, non può essere svolto da dilettanti privi di una fedina penale lunga quanto un rotolo di carta da culo. Entro nel Palazzetto e, seconda sorpresa, finiamo qui:


Ma che cazzo di posto è? Quando, due mesi fa, abbiamo deciso di andare a vedere lo spettacolo di Beppe Grillo, ahimè, ci siamo dovuti accontentare di biglietti per il terzo anello non numerato. Il romano, si sa, è un vampiro assetato di show che assalta i botteghini e riempie persino i cinema che danno i film di Boldi e De Sica. Trovare un buon biglietto per eventi di questo tipo, quando si è distratti o, semplicemente, poco assatanati, è impresa improba. Ma che cazzo di posto è quello, Grillo? E' praticamente dietro il palcoscenico. Perché cazzo devo pagare il biglietto se poi devo guardare solo il maxischermo? E lo devo guardare da una posizione assurda, di lato. Qualsiasi organizzatore che non sia un criminale si accorgerebbe che quel settore va chiuso perché offre una visuale penosa. Ma come, Grillo il Santone, il protettore della gggente con tre g, il grande accusatore di ladri e farabutti, il vate del popolo degli indignati ci vede in quella posizione e non dice un cazzo? Ah no, una cosa la dice, ci saluta come "studenti che non hanno soldi". SBRUOTFL, vaffanculo! Dice una cosa divertente, il Signor Grillo, durante il suo show. Dice che il pubblico non deve ridere per le sue battute, perché i soggetti dei suoi monologhi sono sempre una supposta nel sedere della gggente ( non dice proprio così ma val la pena riassumere ). La gggente non deve ridere perché il culo è sempre lo stesso, cambiano solo i piselli. Mai mi sarei aspettato di ritrovarmi nel mio culetto scolpito nel marmo anche il pisello di Grillo. Io personalmente avevo già dovuto fare spazio per ospitare le verghe delle trucide. Quanto allo spettacolo, c' è poco da dire. La prima parte è stata effervescente e piena di brio: battute salaci e divertenti, una telefonata con Gino Strada, la confezione del martirio di Sircana e Prodi: un Grillo in grande splovero. La seconda parte è stata dedicata alla denuncia sociale, al feticcio Tronchetti Provera, all' esaltazione degli inquietanti gruppi Amici di Grillo che ricordano un po' la P2, ai soliti cavalli di battaglia ( l' energia, il trasporto, la connettività...). Dice cose giuste il Signor Grillo, magari farcite con qualche smargiassata e un po' di sana, immancabile demagogia, che tanto piace al popolo degli indignati. Ma vedere Grillo il Santone che infila il suo pisello nel culetto degli "studenti che non hanno soldi"...

mercoledì 14 marzo 2007

Appesi per i piedi

In anni di scristianizzazione acquisita e inarrestabile, viene fin troppo facile fingersi anticlericali.
Non è tale conformismo a gettare le fondamenta di questo scritto, ma considerazioni di carattere puramente materiale. Tenendo per giunta conto delle ragioni del declino del cattolicesimo, ovvero, non l' assenza di valori dei nostri tempi, ma la semplice pigrizia nell’ esercitarli, quasi ci si sentirebbe in dovere di mostrarsi solidale con chi, di quei valori, ancora va cianciando, come un ubriaco che racconta di amori sfuggiti.
Figure patetiche destinate al dimenticatoio.
Qui si dà per appurato che la ragione abbia avuto il sopravvento sulla superstizione. Sulla vita eterna. Su dio. Sul dare significanza all’esistenza terrena, che altrimenti faticherebbe a trovarne. Altro che il relativismo di cui blatera il tedesco pontefice, maldestra guida di anime (ma di chi?).

Nichilismo puro. L’unica salvezza dell’uomo.

Dell’associazione religione – totalitarismo si è già detto. Il principio, il valore condiviso è il medesimo. Condurre ad un'unica figura ogni ragione, ogni regola, ed ogni dissenso, affinché in essa si dissolga.
E’ la conseguenza di questo meccanismo, che appare oscura, in tempi di ragionevole consapevolezza.
Oggi guardiamo i totalitarismi con l’occhio vigile ed erudito della storia. Istruito dai Mussolini, dagli Hitler e gli Stalin, che appaiono quali ingenui dittatorucoli chapliniani.
Oggi non ci faremmo abbindolare. La democrazia è solida in gran parte del mondo, o lo sembra, e lo è anche, e a maggior ragione, per i propositi di eluderla di personaggi piccoli e inutili. Berlusconi, Prodi, Bush, Saddam, Bin Laden e letame vario sono plasmati della stessa misera pasta.
Sono coloro che approfittano delle maglie larghe della rappresentanza, per farne uso proprio e dissennato. Ma oggi non rappresentano una minaccia. Quantomeno non per chi, di quella democrazia, ne usufruisce in parte.
La religione sì. La religione è un pericolo, perché ancora inganna con la paura, con la minaccia della punizione, con l’idea che gli unici valori siano scritti, e i depositari di essi siano coloro che vestono i panni dei salvatori. Minaccia, inganno, terrore, sono i postulati del totalitarismo.

Per rendere intelligibile il pensiero basterebbe associare il cristianesimo (si badi bene, il cristianesimo, non la chiesa cattolica) al fascismo.
Entrambe, in sostanza, ideologie politiche. Entrambe con fattori in parte positivi ed altri fortemente negativi. Entrambe artefici di crimini, i più odiosi. Volendo quantificare la vigoria criminale dei due dovremmo rendere, forse, merito al fascismo, quantomeno di aver contenuto i danni e di aver falsificato meno.

Non è l’applicazione delle ideologie, in discussione. Ma esse stesse.

Come si vede, e l’algoritmo è banale, le analogie sono notevoli e numerose. Alcuni di noi, oggi, potrebbero ritenere offensive di ogni morale, e largamente criminose, molte delle affermazioni del tedesco pontefice, e prima di lui dell’ipocrita polacco, nella stessa maniera in cui deplorerebbero un discorso del duce all’amatriciana. All’amatriciana, in confronto alla atrocità di vere dittature, di fronte alla mistificazione e alla violenza, ad esempio, della follia cristiana. E quelle affermazioni non sono figlie della insana applicazione dell'ideologia, ma dell'ideologia stessa.
E allora, perché non ragionare delle conseguenze dei due totalitarismi? E perché non riconoscere una mancanza dei nostri tempi, e della nostra stessa ragione?
Disprezziamo il fascismo. Da bravi “progressisti per forza” ci indignano leggi razziali, deportazioni, squadre di picchiatori, la retorica di cialtroni all’italiana vestiti di nero, l’olio di ricino, la sudditanza a despoti reali e perversi, e i goffi discorsi a combattenti in brache di tela.
E ci indigna il fascismo stesso, non solo la sua applicazione.
Eppure non ci scandalizza il cristianesimo, a cui si riconoscono fin troppi meriti, ma solo, e a volte, la sua applicazione.
Ci infastidisce un cardinale, non gesù e i suoi pani moltiplicati. Ci infastidisce il negare la necessità dell’aborto, in spiacevoli condizioni, o del preservativo, in piacevoli altre. Ma non ci scandalizza la bibbia con la sua accozzaglia di stupidaggini.

Ma il meccanismo è il medesimo. Ideologia così così, applicazione pessima.
Sono le conseguenze a mostrarsi differenti.

Essere scioccamente nostalgici del duce all’amatriciana è reato (o lo era). Berciare proditoriamente vecchiume evangelico, sciocco e inattuabile, è un merito, per alcuni, o una semplice, volgare ingenuità per altri.
Perché non equipararli e riconoscere all’uno gli stessi torti e crimini dell’altro e la medesima violenza intellettuale?
Se è reato un saluto romano, che lo sia anche il segno della croce, quale portatore e icona di crimini efferati, e non ci si riferisce solo a guerre sante o inquisizioni, ma al quotidiano attentare alla libertà e al credo personale di ciascuno, imprescindibile e individuale.
Che la sconfitta storica dell’uno sia sconfitta anche per l’altro.
E’ impensabile e anacronistico sostenere che il fascismo e i totalitarismi del novecento siano esecrati per il semplice fatto di essere stati sconfitti dalla storia, e che ciò non valga per il cristianesimo.
Perché il cristianesimo è stato sconfitto, eccome.
E' sconfitto ogni giorno, dall’esercizio della volontà, dalla ricerca della felicità fine a se stessa, dall’unica etica del vivere l’esistenza in funzione di essa sola, nell'unico, vero, sano e ineluttabile benessere causato dall’egoismo.
E allora che i cristiani, chi si fa portavoce di costante violenza all’intelletto, alla morale, al senso condiviso di appartenenza a una società libera e democratica, siano trattati da fascisti. E che ne rispondano delle conseguenze.
Che, come i fascisti, siano scherniti, perseguitati, condannati, reclusi, e appesi per i piedi.
Perché le loro mani grondano del sangue della ragione e dell’uomo, non meno di quanto ne siano imbrattate le mani di un ebete in camicia nera.


domenica 11 marzo 2007

Mario Bottega

Via della Lungara, a Roma, è un posto magico per tutta una serie di motivi: ad esempio, vi si può ammirare la Farnesina di Baldassarre Peruzzi. Situata a pochi passi dalle acque mefitiche del Tevere ( in cui è possibile scorgere sorci deformi e stronzi di cacca alti 2 m, biondi e con gli occhi azzurri sfidarsi nello stile libero ), la Villa commissionata dal banchiere Agostino Chigi 5 secoli orsono rifulge tuttora di luce propria. Costruzione innovativa, tanto nella composizione della pianta quanto in quella delle facciate ( a mio avviso il Peruzzi è stato colui che ha permesso l' elaborazione dello stile sintetico di Sangallo il Giovane, mio idolo di infanzia ), viene ricordata soprattutto per gli affreschi murari dello stesso Peruzzi, che fu pittore in primis, e di Raffaello Sanzio. Mirabile è l' uso della prospettiva in questi cicli pittorici e, forse, val la pena ricordare che fu proprio Raffaello ad introdurre definitivamente questo tipo di rappresentazione nella messa a punto del progetto architettonico. Divenuto primo architetto della fabbrica di S. Pietro dopo la dipartita del Bramante, Raffaello si trovò ad affrontare subito un problema di difficile risoluzione: capire che cazzo di pianta ( centrale o basilicale ) volesse usare il buon Donato. Eh sì, perché Bramante s' era adoperato con ogni mezzo solo per risolvere i problemi dell' idea sintetica di base che gli aveva permesso di vincere il concorso indetto dal Papa Giulio ||: il Cupolone. Cosa ci fosse sotto lo splendido cupolone che avrebbe dominato gli orizzonti romani non si sa: a quel tempo non si produceva gran mole di disegni ma ci si concentrava essenzialmente sui plastici in grande scala, anche 1:1 nel caso di dettagli architettonici. Le linee guida del progetto venivano tracciate sul terreno e poi di tanto si radunavano le maestranze e si impartivano ordini con lo scudiscio. Raffaello pensò allora di introdurre le sezioni verticali e le dannate prospettive che tuttora ammorbano architetti, ingegneri e, amaritudo in fundo, geometri. Ma io sto divagando e torno sulla retta via: durante il lavoro alla Farnesina, il Sanzio amava ristorarsi presso un' osteria lì vicino, a due passi da Porta Settimiana, che esiste ancora oggi con il nome di Romolo nel giardino di Raffaello e della Fornarina. Luogo mistico, dalla bellezza abbagliante, frequentato, sin dall' alba dei tempi, dall' elite culturale: dallo stesso Sanzio a Sebastiano del Piombo, da Trilussa a Guttuso fino al sottoscritto, tutti i migliori si sono abbuffati nello splendido giardino circondato dalle Mura Aureliane. Ed è qui che incontriamo il primo protagonista della categoria ευ λογος (elogio): Mario Bottega. Mario è un cameriere del ristorante. Il nome è ovviamente fittizio, nel rispetto della normativa sulla privacy: ho scelto Mario per l' incredibile cacofonia ( mica per niente l' ho scelto anche per il mio nickname ), mentre Bottega ha un' origine ben più elaborata: deriva dall' esperienza scioccante dell' aver visto, la prima volta, il suddetto con la bottega dei pantaloni aperta mentre serviva allegramente tra i tavoli. Lungi dal costituire elemento di valutazione negativa per il ristorante ( davvero ottimo ), ho interpretato, speranzoso, la cosa come vezzo del Mario. Ahimè, trattasi non di abitudine, perché mai più verificatasi, ma di semplice sbadataggine dopo aver cambiato l' acqua al pesce. Bottega è persona ineffabile, oltremodo squisita e cortese. Ama perseguitare i clienti facendosi gli altrui cazzi, ma in modo sempre leggero e simpatico. Lo puoi intravedere con la coda dell' occhio, durante la degustazione della sontuosa carbonara o della godereccia lombata alla griglia, mentre ti spia con fare dilettantesco e ti piace immaginarlo mentre si cava un occhio per lanciarlo nel generoso décolleté della tua dama. Se il locale non è stracolmo di stranieri, puoi ammirare il Mario mentre fa il finto vago tra i tavoli, sempre pronto però a sfoderare la fluida e logorroica ars dicendi non appena ne incroci lo sguardo. Tifa Lazio, il Mario, e questo è sicuramente un punto a sfavore, un elemento negativo che però è ampiamente subissato dai pregi:
  1. Mario è fermo al 1800, qualsiasi oggetto contenente componentistica elettronica, che non si limiti cioè alla carrucola, al verricello, al rullo e alla leva, genera in lui stupore e sorpresa: se tiri fuori una macchinetta fotografica digitale ti chiede, ridendo, cosa sia. "Ma le scritte sul display poi compaiono nella foto?";
  2. Mario dà l' idea di provarci costantemente con la tua compagna, nonostante la tua ingombrante presenza. Ma è idea sbagliata: si caverebbe un occhio ( per lanciarlo nel generoso décolleté della tua dama ) piuttosto che darti un dispiacere;
  3. Mario ride. Ride sempre, a costo di suscitare l' impressione della paresi facciale. Ma ti trasmette allegria ed è naturalmente simpatico;
  4. Mario ti schifa apertamente se tu, uomo, non spruzzi virilità come un geiser;
  5. Può capitare che Mario ti prenda apertamente per il culo, ma solo dopo che un minimo di intimità è stata raggiunta;
  6. Mario ti passa sottobanco i liquori, ma solo dopo che un minimo di intimità è stata raggiunta e solo una volta all' anno;
  7. Mario non ci pensa due volte, se invitato, a sedersi al tavolo con te e a mangiarsi il tuo pasto: mi raccomando, non fatelo mai;
  8. La sua provenienza è dubbia ( suppongo qualche remota provincia laziale ), evita con astuzia domande sullo stato civile, per il resto parla pure troppo ed è generoso, come già detto, nel farsi i cazzi tuoi: questo non fa che aumentarne il fascino di stampo prettamente bogartiano di per sè già insostenibile;
  9. Sospetto porti il toupè, ma molti hanno smentito questa mia ipotesi. E meno male: il toupè non farebbe altro che aumentarne il fascino di stampo prettamente bogartiano di per sè già insostenibile;
Insomma, la faccio breve: Mario è una di quelle persone che stimo, è il cameriere che vorrei essere se dovessi fare il cameriere, è solare, simpatico, allegro, non come quella merda di Geremia, il ricchione che lavora alla Pergola e che ti tratta uno schifo. Bottega è parte integrante ( Destino beffardo ) di alcuni dei ricordi più belli che ho e merita di essere il primo protagonista di ευ λογος. Grande Bottega. E come canta Ligabue:

"Ci vediamo da Mario, prima o poi..."

sabato 10 marzo 2007

Megalopoli, megacittà, ipercittà, megaslum

Il processo di urbanizzazione selvaggia è un tema di estrema attualità: consegnato, ad esempio, di recente, agli onori della cronaca in qualità di argomento principe del Catalogo della Mostra (Venezia 2006), la raccolta delle colte conversazioni che Richard Burdett, direttore della Biennale, ha sostenuto con illustri personaggi del mondo contemporaneo, è anche il soggetto del nozionistico, e sempre noioso, "Il pianeta degli slum" di Mike Davis. Un po' di dati: nel 1950 le città con una popolazione superiore al milione di abitanti erano 86; oggi sono all' incirca 400; nel 2015 saranno almeno 550. Si prevede che nel 2050 la popolazione urbana si attesterà sui 10 miliardi. E' ovviamente inutile sottolineare ( qui mi gioco una preterizione che mi era rimasta nelle mutande ) come gran parte di questo fenomeno interesserà i Paesi in via di sviluppo: africani e asiatici vedranno fiorire megalopoli, o megacittà, o ipercittà che dir si voglia, da 20 milioni di abitanti. L' ampliamento orizzontale di città che fagocitano province adiacenti e villaggi un tempo sperduti potrebbe culminare in ininterotti corridoi urbani, come quello che, secondo previsioni riportate da Davis, nascerà dal Giappone/Corea del Nord fino a Giava Ovest: "una città mondiale" bipolare Tokyo-Shangai che sarà paragonabile all' asse New York-Londra nel controllo dei flussi globali di capitali e informazioni". Ma perché la popolazione urbana mondiale cresce con ritmi così vertiginosi? Per tutta una serie di diaboliche concause:
  1. Esodo della manodopera rurale a causa della mancanza di reti di sicurezza che proteggano dalle avversità climatiche, dall' inflazione, dai tassi d' interesse e dalla caduta dei prezzi delle materie prime;
  2. Le guerre e la conseguente mancanza di sicurezza;
  3. L' acclarata abilità nel movimento pelvico che sviluppano, contro ogni logica, tutti coloro che "vantano" ragnatele nel portafoglio e, al contempo, lamentano la mancanza di un televisore.
L' effetto più visibile che scaturisce da queste cause è la generazione di megaslum, gigantesche baraccopoli che si diffondono ai margini, se non nel centro, delle città.


Slum in Delhi on 20 Jun 1973. Picture taken and uploaded by Roger McLassus.

E' curioso notare come nel 1800 lo slum fosse, nel gergo della malavita, sinonimo di racket o traffico criminale e come il termine sia stato sdoganato in seguito. Lima, Kinshasa, Ankara, Il Cairo. Bombay, Caracas, Nairobi, Napoli e Vairano Caianiello: la deflagrazione di aggregati urbani caratterizzati da una povertà senza limiti è inarrestabile e coincidente con la fine delle attuali, principali risorse energetiche non rinnovabili del nostro pianeta. Se da un lato si teorizza che "l' Africa subsahariana raggiungerà l' istruzione elementare universale nel 2130, la riduzione della povertà del 50% nel 2150 e l' eliminazione dele morti infantili evitabili nel 2165" (Davis), dall' altro si prevede che le risorse necessarie finiranno nel 2050. Quindi le teorie sull' Africa non si verificheranno nemmeno per il cazzo. Se ci hanno messo un miliardo di anni per portare l' elettricità in Africa, figuriamoci quanto ci metteranno per le altre fonti di energia. Cosa può fare l' umanità di fronte a previsioni così catastrofiche? Una fava! Le attuali soluzioni urbanistiche e strutturali che dovrebbero alleviare la vita delle nuove megacittà
sono una panacea marcia, rivelatasi fallimentare, laddove applicata, in situazioni di gran lunga meno disastrose. Da un punto di vista economico, le politiche di colossi finanziari come il FMI sono riuscite nel non facile compito di peggiorare uno status quo di per sè già agghiacciante. Speculatori immobiliari, fornitori di servizi igienici ( miliardi di persone senza un cesso fanno tanta cacca all' aria aperta ( ma proprio tanta ) che provoca malattie ed inquinamento), Ong e Banche riescono a trarre profitto anche dalla povertà più assoluta. Sarà divertente verificare l' assedio, tra una trentina d' anni, che i grassi e vecchi occidentali subiranno dai poveri globalizzati. La colpa è di tutti. Tornano potenti alla mente le parole che il malcagato Agente Smith rivolge ad un sudatissimo Morpheus nel film The Matrix ( e che riporto dal sito
[Transcript] Matrix ):
"Desidero condividere con te una geniale intuizione che ho avuto, durante la mia missione qui. Mi è capitato mentre cercavo di classificare la vostra specie. Improvvisamente ho capito che voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d'istinto sviluppano un naturale equilibrio con l'ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l'unic modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un'altra zona ricca. C'è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un'infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga."

venerdì 9 marzo 2007

Eterosessuale discriminato

Bando al machismo, non è più in voga dagli anni 80 così come la folta patata femminile con peli stile rampicanti fino all' ombelico. Dove passa la moda non cresce più il pelo. D' accordo. Ma io resto uno splendido eterosessuale, il più noto eterosessuale degli ambienti che ho frequentato. Come ogni maschio che si rispetti sono attrezzato per la radiodiagnostica, quando cammino per strada emano fasci di insalubri raggi X che mi permettono di vedere attraverso le cortine laterizie, il piombo, le mutande e i reggipetti. Ti incrocio per strada, ti scannerizzo, ti faccio un po' di radioterapia e se punto un bidone della monnezza ed il testosterone mi spruzza dalle orecchie in quel frangente, lo immagino con le tette. Come muore un vero eterosessuale? Affogato in una pozza di sperma e succhi vaginali. Secondo Mamma Natura ed il ministro Mastella sono un fiero portatore sano di virilità. Ho le carte in regola, insomma. Eppure io mi sento discriminato, osservato con sguardo sardonico perché banale eterosessuale. Chiunque conosce e frequenta gli "originali". Vestono trendy, sono ironici, non hanno peli sulla lingua e se ce l' hanno non sono i loro, conducono una conversazione brillante, laddove il sesso non è argomento monocorde non è nemmeno tabù, anzi, ma sviscerato con gioia e dovizia di particolari. Dove vanno, attirano l' attenzione, fanno amicizia facilmente, le donne subiscono fatale attrazione che neanche il Dio Moneta...Si va al ristorante con l' amico ricchione e l' amic ( la mancanza di desinenza, qui, è una finezza letteraria ) transessuale ed i camerieri snobbano noi gioiosi eterosessuali. Sul lavoro non ne parliamo: ricchione = creativo. Si può davvero affermare che gli amici della "rive gauche" siano attualmente discriminati? Tom Ford è discriminato? Rido. Elton John è discriminato? Rido forte. George Michael è discriminato? M' esce la cacca dai pantaloni. Ok, in Italia la trimurti Ratzinger, Mastella e Andreotti romperà un po' le balle, è vero. Ma almeno quello, dai. Per quel poco che potrà durare noi della "rive droite" dovremo spassarcela. Quando anche Clemente calerà le braghe ci toccherà sorbirci i Beautiful, Un posto al sole, 100 vetrine con attori ricchioni.
E Ridge ricchione non si può sentire.

Vita da marciapiede

Un tema che mi sta particolarmente a cuore è il marciapiede. Amo tesserne l' elogio spassionato, cantarne le lodi, celebrarne i fasti, ad un matrimonio come ad un funerale, ad un primo appuntamento o durante una cena di gala. E mentre ne scrivo qui mi balenano in mente il volto pietrificato dell' interlocutore di turno, il suo sguardo vitreo, la lingua penzoloni, riecheggiano nelle verdi praterie del mio cervello i "che cazz' è?" dei più arditi. Eh già, che cazz' è il marciapiede? Sento l' entusiasmo del lettore crescere, qualcuno avrà già un' erezione, qualche altra starà già affogando nei suoi sughi vaginali. Potrei farvi morire di suspense ma decido di tagliare la testa al toro e mi rifaccio a Wikipedia, la Bibbia del moderno internauta, creatura per metà cybersurfer e per metà analfabeta: trattasi meramente di "parte della strada, esterna alla carreggiata, rialzata o altrimenti delimitata e protetta, destinata ai pedoni". Destinata ai pedoni. Come spesso accade, l' ansante consultazione di un' enciclopedia o dizionario che sia richiede traduzione della spiegazione. Cacche cacchine caccone, spazzatura, fogliame perso da alberi marci, antichi un due tre stella, cingoli di SUV a tre piani con piscina sul tetto e ascensore, rottami di Panda cafè e i nuovi scooter imborghesiti, telefunken d' annata e frigoriferi. Sul marciapiede trovi questo, del pedone non v' è traccia. Dove sarà il pedone? E soprattutto... che animale è? Il pedone è quello strano essere che cammina al centro della carreggiata. Solitamente vestito di nero assoluto per meglio mimetizzarsi con il buio della notte e lo smog saldamente abbarbicato ai muri dei palazzi, il pedone ama dare le spalle al senso di marcia, sostare in piena curva durante una conversazione, cambiare corsia al di là di un dosso, all' improvviso, quando tu, pilota stanco ma veloce, meno te lo aspetti. E non disdegna, il pedone, di avventurarsi nell' impresa mano nella mano con il suo partner nel giorno dell' anniversario o alla guida di una carrozzina con tanto di neonato fresco di sfornata. E' logico: se ne falci uno è una tragedia, se fai strike di tutti i birilli Eschilo può rivoltarsi nella tomba. Suvvia, a chi non è capitato di fermare la vettura e chiedere contrito: "Pedone, perché non cammini sul cazzo di marciapiede?". Il pedone si incazza. Si incazza perché la domanda è stupida, la risposta è banale: il pedone vuole sentirsi giustamente libero: perché rimanere confinati in una lingua di 2 metri di larghezza, perché cedere spazio alla panda, quella merdosa accozzaglia di plastica e lamiera priva di sentimenti? E' triste la vita di un marciapiede: sempre lì, nei feriali e nei festivi, al contrario dei partner, una "weathered surface" in piena regola; disposto a farsi calpestare da chiunque, non lo calpesta nessuno. E' il tappeto rosso, la passerella delle battone, tapis roulant dei marocchini con i loro fardelli da 5 tonnellate, è moderno bau park. Fior di architetti, geometri ed ingegneri sudano e vedono svilito il lavoro di una vita. Ma io tifo per il pedone. Voglio solo che si metta una targa sul culo.