In anni di scristianizzazione acquisita e inarrestabile, viene fin troppo facile fingersi anticlericali.
Non è tale conformismo a gettare le fondamenta di questo scritto, ma considerazioni di carattere puramente materiale. Tenendo per giunta conto delle ragioni del declino del cattolicesimo, ovvero, non l' assenza di valori dei nostri tempi, ma la semplice pigrizia nell’ esercitarli, quasi ci si sentirebbe in dovere di mostrarsi solidale con chi, di quei valori, ancora va cianciando, come un ubriaco che racconta di amori sfuggiti.
Figure patetiche destinate al dimenticatoio.
Qui si dà per appurato che la ragione abbia avuto il sopravvento sulla superstizione. Sulla vita eterna. Su dio. Sul dare significanza all’esistenza terrena, che altrimenti faticherebbe a trovarne. Altro che il relativismo di cui blatera il tedesco pontefice, maldestra guida di anime (ma di chi?).
Nichilismo puro. L’unica salvezza dell’uomo.
Dell’associazione religione – totalitarismo si è già detto. Il principio, il valore condiviso è il medesimo. Condurre ad un'unica figura ogni ragione, ogni regola, ed ogni dissenso, affinché in essa si dissolga.
E’ la conseguenza di questo meccanismo, che appare oscura, in tempi di ragionevole consapevolezza.
Oggi guardiamo i totalitarismi con l’occhio vigile ed erudito della storia. Istruito dai Mussolini, dagli Hitler e gli Stalin, che appaiono quali ingenui dittatorucoli chapliniani.
Oggi non ci faremmo abbindolare. La democrazia è solida in gran parte del mondo, o lo sembra, e lo è anche, e a maggior ragione, per i propositi di eluderla di personaggi piccoli e inutili. Berlusconi, Prodi, Bush, Saddam, Bin Laden e letame vario sono plasmati della stessa misera pasta.
Sono coloro che approfittano delle maglie larghe della rappresentanza, per farne uso proprio e dissennato. Ma oggi non rappresentano una minaccia. Quantomeno non per chi, di quella democrazia, ne usufruisce in parte.
La religione sì. La religione è un pericolo, perché ancora inganna con la paura, con la minaccia della punizione, con l’idea che gli unici valori siano scritti, e i depositari di essi siano coloro che vestono i panni dei salvatori. Minaccia, inganno, terrore, sono i postulati del totalitarismo.
Per rendere intelligibile il pensiero basterebbe associare il cristianesimo (si badi bene, il cristianesimo, non la chiesa cattolica) al fascismo.
Entrambe, in sostanza, ideologie politiche. Entrambe con fattori in parte positivi ed altri fortemente negativi. Entrambe artefici di crimini, i più odiosi. Volendo quantificare la vigoria criminale dei due dovremmo rendere, forse, merito al fascismo, quantomeno di aver contenuto i danni e di aver falsificato meno.
Non è l’applicazione delle ideologie, in discussione. Ma esse stesse.
Come si vede, e l’algoritmo è banale, le analogie sono notevoli e numerose. Alcuni di noi, oggi, potrebbero ritenere offensive di ogni morale, e largamente criminose, molte delle affermazioni del tedesco pontefice, e prima di lui dell’ipocrita polacco, nella stessa maniera in cui deplorerebbero un discorso del duce all’amatriciana. All’amatriciana, in confronto alla atrocità di vere dittature, di fronte alla mistificazione e alla violenza, ad esempio, della follia cristiana. E quelle affermazioni non sono figlie della insana applicazione dell'ideologia, ma dell'ideologia stessa.
E allora, perché non ragionare delle conseguenze dei due totalitarismi? E perché non riconoscere una mancanza dei nostri tempi, e della nostra stessa ragione?
Disprezziamo il fascismo. Da bravi “progressisti per forza” ci indignano leggi razziali, deportazioni, squadre di picchiatori, la retorica di cialtroni all’italiana vestiti di nero, l’olio di ricino, la sudditanza a despoti reali e perversi, e i goffi discorsi a combattenti in brache di tela.
E ci indigna il fascismo stesso, non solo la sua applicazione.
Eppure non ci scandalizza il cristianesimo, a cui si riconoscono fin troppi meriti, ma solo, e a volte, la sua applicazione.
Ci infastidisce un cardinale, non gesù e i suoi pani moltiplicati. Ci infastidisce il negare la necessità dell’aborto, in spiacevoli condizioni, o del preservativo, in piacevoli altre. Ma non ci scandalizza la bibbia con la sua accozzaglia di stupidaggini.
Ma il meccanismo è il medesimo. Ideologia così così, applicazione pessima.
Sono le conseguenze a mostrarsi differenti.
Essere scioccamente nostalgici del duce all’amatriciana è reato (o lo era). Berciare proditoriamente vecchiume evangelico, sciocco e inattuabile, è un merito, per alcuni, o una semplice, volgare ingenuità per altri.
Perché non equipararli e riconoscere all’uno gli stessi torti e crimini dell’altro e la medesima violenza intellettuale?
Se è reato un saluto romano, che lo sia anche il segno della croce, quale portatore e icona di crimini efferati, e non ci si riferisce solo a guerre sante o inquisizioni, ma al quotidiano attentare alla libertà e al credo personale di ciascuno, imprescindibile e individuale.
Che la sconfitta storica dell’uno sia sconfitta anche per l’altro.
E’ impensabile e anacronistico sostenere che il fascismo e i totalitarismi del novecento siano esecrati per il semplice fatto di essere stati sconfitti dalla storia, e che ciò non valga per il cristianesimo.
Perché il cristianesimo è stato sconfitto, eccome.
E' sconfitto ogni giorno, dall’esercizio della volontà, dalla ricerca della felicità fine a se stessa, dall’unica etica del vivere l’esistenza in funzione di essa sola, nell'unico, vero, sano e ineluttabile benessere causato dall’egoismo.
E allora che i cristiani, chi si fa portavoce di costante violenza all’intelletto, alla morale, al senso condiviso di appartenenza a una società libera e democratica, siano trattati da fascisti. E che ne rispondano delle conseguenze.
Che, come i fascisti, siano scherniti, perseguitati, condannati, reclusi, e appesi per i piedi.
Perché le loro mani grondano del sangue della ragione e dell’uomo, non meno di quanto ne siano imbrattate le mani di un ebete in camicia nera.