venerdì 31 agosto 2007

Jared Diamond

Pedante, inutilmente prolisso, tristemente ripetitivo, francamente
imbarazzante. La sua letteratura miasmatica e didascalica mette a
dura prova i miei già esausti attributi. Non voglio mettere in discussione
in questa sede le sue capacità di biologo, antropologo, sociologo,
storico, archeologo, scienziato, chimico, cuoco e via dicendo e per
questo sorvolerò in modo benevolo su alcune sue risibili conclusioni.
E' il suo modo di scrivere che mi fiacca, la totale mancanza della
capacità di sintesi. La sintesi, questa sconosciuta. Sto leggendo
Collasso ed


S
P
O
I
L
E
R

è agghiacciante accompagnare Diamond nella scoperta, nella conta,
nella etichettatura degli stronzi prodotti dagli abitanti della Nuova
Guinea, scovati in chissà che cazzo di strato geologico. Uno per uno.
"Lo stronzo 1304 è piccolo, vuol dire che mangiavano male, il 1508 è un
totem, vuol dire che il clime era mite e la coltivazione estremamente
produttiva, il 3049 presenta segni di radioattività, adesso vi spiego
le mie teorie nelle prossime 3000 pagine, il 4009 è biondo con gli
occhi azzurri, segno della commistione con razze diverse". E'
abominevole l' elenco delle mucche, delle pecore, il tentativo di dare
persino un nome al singolo capo allevato nell' isola di Pasqua 1000
anni fa. Non me ne frega un cazzo del nozionismo petulante di questo
etichettatore di stronzi. Mi interessano le sue conclusioni magari
confortate da dati davvero significanti. Tagliare, sfoltire, ma che
cazzo, non c' è nessuno che possa farlo alla casa editrice? Mi scuso
per questo inutile sfogo, sicuramente volgare. Il fatto è che mi
infastidisce che chiunque possa scrivere libri pur non sapendolo fare.
Cazzo, mi accorgo ora di aver dato fondo al repertorio di aggettivi.

domenica 22 luglio 2007

Canon PIXMA iP1500 su Ubuntu via remoto

Ho una stampante Canon PIXMA iP1500 collegata ad una macchina Windows XP disponibile in rete. Sembrebbe una stampante da 4 soldi, in realtà, acquistata anni fa per un esame di Tecnologia della Facoltà di Architettura, non ha mai deluso. L' idea è quella di utilizzarla via remoto dalla mia macchina Ubuntu. La maggior parte delle informazioni necessarie si trovano sul sito:


http://mambo.kuhp.kyoto-u.ac.jp/~takushi/#canon

  1. Aggiungere la linea


    deb http://mambo.kuhp.kyoto-u.ac.jp/~takushi/debian ./



    al file "/etc/apt/sources.list" con un editor di testo;
  2. Aggiornare le informazioni del db con il comando "sudo apt-get update";
  3. Installare i pacchetti necessari con il comando "sudo apt-get install libcnbj-2.5 bjfilter-2.5 pstocanonbj";


A questo punto, cliccare su "Impostazioni di sistema":





Ora su "Stampanti" --> "Aggiungi stampante/classe":





Selezionare "Stampante condivisa SMB (Windows)":





Selezionare "Account ospite":





Inserire Workgroup, nome della macchina cui è collegata la stampante, nome della stampante(*):





Selezionare il driver installato prima:





Eseguire una prova di stampa:





A me funziona, a te scommetto di no!

(*)
Per sapere come viene chiamata la stampante remota, assicurarsi che il file "/etc/samba/smb.conf" contenga le voci "browsable=yes" e "Use client driver=yes" nella sezione [printers]. A questo punto lanciare la shell e digitare il comando "smbclient -L nome_server" per vedere tutte le risorse condivise e, quindi, il nome assegnato alla stampante. Tutti i comandi di cui si parla vanno lanciati omettendo le virgolette.

giovedì 26 aprile 2007

Perugia Fashion Week

Ho avuto modo di assistere, dal 19 al 22 di Aprile, alla seconda edizione del Perugia Fashion Week, un felice e riuscito tentativo di portare la moda nella splendida città d' arte umbra. La manifestazione è stata organizzata da tre ragazzi: Sonia, Piernicola e Lollo. Notevole la capacità dei tre, seppur giovanissimi, di organizzare un evento imponente per dimensioni e richiamo di pubblico, in grado di soddisfare la pressante domanda di attività dei soporiferi, e sedati, villani perugini. E qui mi parte subito l' excursus: nell' ambito di una manifestazione ricca di contenuti e cotillons la nota di demerito, la minzione d' onore va proprio alla città ed ai suoi abitanti. Sono tipi strani, questi perugini: chiusi, introversi, poco portati al dialogo con il forestiero, amano guardarti schifati e sprezzanti una volta che ti hanno individuato come non-indigeno. Curioso se si pensa che la città è letteralmente invasa da studenti fuorisede e turisti e che l' indigeno D.O.C. sembra ormai estinto. Tornando al tema dell' articolo. ho avuto modo di apprezzare lo sconosciuto, per me, mondo della moda. Infiltratomi nei backstage delle varie sfilate, oberato da zinne e culi delle modelle, ho potuto toccare con mano l' infinito lavoro che sta dietro alla preparazione di una collezione di moda., il caos che regna sovrano durante i cambi di abito delle modelle, l' isteria di stilisti che, se non sono donne all' anagrafe, sono quasi tutti "originali". Sembra che il prossimo appuntamento sia a Novembre per la collezione Autunno-Inverno. Da rivedere.















mercoledì 28 marzo 2007

Beppe Grillo

Stasera sono andato al Palalottomatica, la mirabile costruzione ideata nel '56 da Marcello Piacentini e Pier Luigi Nervi, per assistere allo spettacolo "Reset" di Beppe Grillo. Entrato nel parcheggio del palazzetto un' autentica sorpresa: quattro vecchie grassone svolgevano l' infausta mansione di parcheggiatrici abusive. Solitamente tendo ad evitare i parcheggi custoditi da questi tristi figuri ma le quattro vecchie laide esercitavano un fascino troppo grande e, in ogni caso, non avrei potuto evitarle a meno di non parcheggiare ad Ostia. Sciatte, malvestite, una addirittura in ciabatte ( non sto mentendo ), ma estremamente ben nutrite, le quattro arpie ostentavano un notevole sprezzo del ridicolo, un lessico primordiale ed una arroganza senza pari. La più grassa di tutte, probabilmente la boss delle trucide, governava il traffico seduta su una sedia a rotelle, con un potente fischietto. Memorabili i suoi occhiali: sulle lenti si potevano distinguere con facilità cozze e frutti di mari. Noi facciamo i vaghi: "Ma che dobbiamo pagare il parcheggio?". Lei, ancora più vaga: "Al tuo buon cuore". Noi, vaghissimi, allunghiamo 1 euro e 40 e lei ci apostrofa con un miserabile :"Che me fai l' elemosina?". Brutta grassona di merda! Mi aspettavo come minimo un "te sgaro 'a panza", una ciabattata in faccia o un vigliacco ricamo sulla fiancata della mia macchina. Niente, un cazzo, il lavoro di parcheggiatore abusivo non si inventa dall' oggi al domani, non può essere svolto da dilettanti privi di una fedina penale lunga quanto un rotolo di carta da culo. Entro nel Palazzetto e, seconda sorpresa, finiamo qui:


Ma che cazzo di posto è? Quando, due mesi fa, abbiamo deciso di andare a vedere lo spettacolo di Beppe Grillo, ahimè, ci siamo dovuti accontentare di biglietti per il terzo anello non numerato. Il romano, si sa, è un vampiro assetato di show che assalta i botteghini e riempie persino i cinema che danno i film di Boldi e De Sica. Trovare un buon biglietto per eventi di questo tipo, quando si è distratti o, semplicemente, poco assatanati, è impresa improba. Ma che cazzo di posto è quello, Grillo? E' praticamente dietro il palcoscenico. Perché cazzo devo pagare il biglietto se poi devo guardare solo il maxischermo? E lo devo guardare da una posizione assurda, di lato. Qualsiasi organizzatore che non sia un criminale si accorgerebbe che quel settore va chiuso perché offre una visuale penosa. Ma come, Grillo il Santone, il protettore della gggente con tre g, il grande accusatore di ladri e farabutti, il vate del popolo degli indignati ci vede in quella posizione e non dice un cazzo? Ah no, una cosa la dice, ci saluta come "studenti che non hanno soldi". SBRUOTFL, vaffanculo! Dice una cosa divertente, il Signor Grillo, durante il suo show. Dice che il pubblico non deve ridere per le sue battute, perché i soggetti dei suoi monologhi sono sempre una supposta nel sedere della gggente ( non dice proprio così ma val la pena riassumere ). La gggente non deve ridere perché il culo è sempre lo stesso, cambiano solo i piselli. Mai mi sarei aspettato di ritrovarmi nel mio culetto scolpito nel marmo anche il pisello di Grillo. Io personalmente avevo già dovuto fare spazio per ospitare le verghe delle trucide. Quanto allo spettacolo, c' è poco da dire. La prima parte è stata effervescente e piena di brio: battute salaci e divertenti, una telefonata con Gino Strada, la confezione del martirio di Sircana e Prodi: un Grillo in grande splovero. La seconda parte è stata dedicata alla denuncia sociale, al feticcio Tronchetti Provera, all' esaltazione degli inquietanti gruppi Amici di Grillo che ricordano un po' la P2, ai soliti cavalli di battaglia ( l' energia, il trasporto, la connettività...). Dice cose giuste il Signor Grillo, magari farcite con qualche smargiassata e un po' di sana, immancabile demagogia, che tanto piace al popolo degli indignati. Ma vedere Grillo il Santone che infila il suo pisello nel culetto degli "studenti che non hanno soldi"...

mercoledì 14 marzo 2007

Appesi per i piedi

In anni di scristianizzazione acquisita e inarrestabile, viene fin troppo facile fingersi anticlericali.
Non è tale conformismo a gettare le fondamenta di questo scritto, ma considerazioni di carattere puramente materiale. Tenendo per giunta conto delle ragioni del declino del cattolicesimo, ovvero, non l' assenza di valori dei nostri tempi, ma la semplice pigrizia nell’ esercitarli, quasi ci si sentirebbe in dovere di mostrarsi solidale con chi, di quei valori, ancora va cianciando, come un ubriaco che racconta di amori sfuggiti.
Figure patetiche destinate al dimenticatoio.
Qui si dà per appurato che la ragione abbia avuto il sopravvento sulla superstizione. Sulla vita eterna. Su dio. Sul dare significanza all’esistenza terrena, che altrimenti faticherebbe a trovarne. Altro che il relativismo di cui blatera il tedesco pontefice, maldestra guida di anime (ma di chi?).

Nichilismo puro. L’unica salvezza dell’uomo.

Dell’associazione religione – totalitarismo si è già detto. Il principio, il valore condiviso è il medesimo. Condurre ad un'unica figura ogni ragione, ogni regola, ed ogni dissenso, affinché in essa si dissolga.
E’ la conseguenza di questo meccanismo, che appare oscura, in tempi di ragionevole consapevolezza.
Oggi guardiamo i totalitarismi con l’occhio vigile ed erudito della storia. Istruito dai Mussolini, dagli Hitler e gli Stalin, che appaiono quali ingenui dittatorucoli chapliniani.
Oggi non ci faremmo abbindolare. La democrazia è solida in gran parte del mondo, o lo sembra, e lo è anche, e a maggior ragione, per i propositi di eluderla di personaggi piccoli e inutili. Berlusconi, Prodi, Bush, Saddam, Bin Laden e letame vario sono plasmati della stessa misera pasta.
Sono coloro che approfittano delle maglie larghe della rappresentanza, per farne uso proprio e dissennato. Ma oggi non rappresentano una minaccia. Quantomeno non per chi, di quella democrazia, ne usufruisce in parte.
La religione sì. La religione è un pericolo, perché ancora inganna con la paura, con la minaccia della punizione, con l’idea che gli unici valori siano scritti, e i depositari di essi siano coloro che vestono i panni dei salvatori. Minaccia, inganno, terrore, sono i postulati del totalitarismo.

Per rendere intelligibile il pensiero basterebbe associare il cristianesimo (si badi bene, il cristianesimo, non la chiesa cattolica) al fascismo.
Entrambe, in sostanza, ideologie politiche. Entrambe con fattori in parte positivi ed altri fortemente negativi. Entrambe artefici di crimini, i più odiosi. Volendo quantificare la vigoria criminale dei due dovremmo rendere, forse, merito al fascismo, quantomeno di aver contenuto i danni e di aver falsificato meno.

Non è l’applicazione delle ideologie, in discussione. Ma esse stesse.

Come si vede, e l’algoritmo è banale, le analogie sono notevoli e numerose. Alcuni di noi, oggi, potrebbero ritenere offensive di ogni morale, e largamente criminose, molte delle affermazioni del tedesco pontefice, e prima di lui dell’ipocrita polacco, nella stessa maniera in cui deplorerebbero un discorso del duce all’amatriciana. All’amatriciana, in confronto alla atrocità di vere dittature, di fronte alla mistificazione e alla violenza, ad esempio, della follia cristiana. E quelle affermazioni non sono figlie della insana applicazione dell'ideologia, ma dell'ideologia stessa.
E allora, perché non ragionare delle conseguenze dei due totalitarismi? E perché non riconoscere una mancanza dei nostri tempi, e della nostra stessa ragione?
Disprezziamo il fascismo. Da bravi “progressisti per forza” ci indignano leggi razziali, deportazioni, squadre di picchiatori, la retorica di cialtroni all’italiana vestiti di nero, l’olio di ricino, la sudditanza a despoti reali e perversi, e i goffi discorsi a combattenti in brache di tela.
E ci indigna il fascismo stesso, non solo la sua applicazione.
Eppure non ci scandalizza il cristianesimo, a cui si riconoscono fin troppi meriti, ma solo, e a volte, la sua applicazione.
Ci infastidisce un cardinale, non gesù e i suoi pani moltiplicati. Ci infastidisce il negare la necessità dell’aborto, in spiacevoli condizioni, o del preservativo, in piacevoli altre. Ma non ci scandalizza la bibbia con la sua accozzaglia di stupidaggini.

Ma il meccanismo è il medesimo. Ideologia così così, applicazione pessima.
Sono le conseguenze a mostrarsi differenti.

Essere scioccamente nostalgici del duce all’amatriciana è reato (o lo era). Berciare proditoriamente vecchiume evangelico, sciocco e inattuabile, è un merito, per alcuni, o una semplice, volgare ingenuità per altri.
Perché non equipararli e riconoscere all’uno gli stessi torti e crimini dell’altro e la medesima violenza intellettuale?
Se è reato un saluto romano, che lo sia anche il segno della croce, quale portatore e icona di crimini efferati, e non ci si riferisce solo a guerre sante o inquisizioni, ma al quotidiano attentare alla libertà e al credo personale di ciascuno, imprescindibile e individuale.
Che la sconfitta storica dell’uno sia sconfitta anche per l’altro.
E’ impensabile e anacronistico sostenere che il fascismo e i totalitarismi del novecento siano esecrati per il semplice fatto di essere stati sconfitti dalla storia, e che ciò non valga per il cristianesimo.
Perché il cristianesimo è stato sconfitto, eccome.
E' sconfitto ogni giorno, dall’esercizio della volontà, dalla ricerca della felicità fine a se stessa, dall’unica etica del vivere l’esistenza in funzione di essa sola, nell'unico, vero, sano e ineluttabile benessere causato dall’egoismo.
E allora che i cristiani, chi si fa portavoce di costante violenza all’intelletto, alla morale, al senso condiviso di appartenenza a una società libera e democratica, siano trattati da fascisti. E che ne rispondano delle conseguenze.
Che, come i fascisti, siano scherniti, perseguitati, condannati, reclusi, e appesi per i piedi.
Perché le loro mani grondano del sangue della ragione e dell’uomo, non meno di quanto ne siano imbrattate le mani di un ebete in camicia nera.


domenica 11 marzo 2007

Mario Bottega

Via della Lungara, a Roma, è un posto magico per tutta una serie di motivi: ad esempio, vi si può ammirare la Farnesina di Baldassarre Peruzzi. Situata a pochi passi dalle acque mefitiche del Tevere ( in cui è possibile scorgere sorci deformi e stronzi di cacca alti 2 m, biondi e con gli occhi azzurri sfidarsi nello stile libero ), la Villa commissionata dal banchiere Agostino Chigi 5 secoli orsono rifulge tuttora di luce propria. Costruzione innovativa, tanto nella composizione della pianta quanto in quella delle facciate ( a mio avviso il Peruzzi è stato colui che ha permesso l' elaborazione dello stile sintetico di Sangallo il Giovane, mio idolo di infanzia ), viene ricordata soprattutto per gli affreschi murari dello stesso Peruzzi, che fu pittore in primis, e di Raffaello Sanzio. Mirabile è l' uso della prospettiva in questi cicli pittorici e, forse, val la pena ricordare che fu proprio Raffaello ad introdurre definitivamente questo tipo di rappresentazione nella messa a punto del progetto architettonico. Divenuto primo architetto della fabbrica di S. Pietro dopo la dipartita del Bramante, Raffaello si trovò ad affrontare subito un problema di difficile risoluzione: capire che cazzo di pianta ( centrale o basilicale ) volesse usare il buon Donato. Eh sì, perché Bramante s' era adoperato con ogni mezzo solo per risolvere i problemi dell' idea sintetica di base che gli aveva permesso di vincere il concorso indetto dal Papa Giulio ||: il Cupolone. Cosa ci fosse sotto lo splendido cupolone che avrebbe dominato gli orizzonti romani non si sa: a quel tempo non si produceva gran mole di disegni ma ci si concentrava essenzialmente sui plastici in grande scala, anche 1:1 nel caso di dettagli architettonici. Le linee guida del progetto venivano tracciate sul terreno e poi di tanto si radunavano le maestranze e si impartivano ordini con lo scudiscio. Raffaello pensò allora di introdurre le sezioni verticali e le dannate prospettive che tuttora ammorbano architetti, ingegneri e, amaritudo in fundo, geometri. Ma io sto divagando e torno sulla retta via: durante il lavoro alla Farnesina, il Sanzio amava ristorarsi presso un' osteria lì vicino, a due passi da Porta Settimiana, che esiste ancora oggi con il nome di Romolo nel giardino di Raffaello e della Fornarina. Luogo mistico, dalla bellezza abbagliante, frequentato, sin dall' alba dei tempi, dall' elite culturale: dallo stesso Sanzio a Sebastiano del Piombo, da Trilussa a Guttuso fino al sottoscritto, tutti i migliori si sono abbuffati nello splendido giardino circondato dalle Mura Aureliane. Ed è qui che incontriamo il primo protagonista della categoria ευ λογος (elogio): Mario Bottega. Mario è un cameriere del ristorante. Il nome è ovviamente fittizio, nel rispetto della normativa sulla privacy: ho scelto Mario per l' incredibile cacofonia ( mica per niente l' ho scelto anche per il mio nickname ), mentre Bottega ha un' origine ben più elaborata: deriva dall' esperienza scioccante dell' aver visto, la prima volta, il suddetto con la bottega dei pantaloni aperta mentre serviva allegramente tra i tavoli. Lungi dal costituire elemento di valutazione negativa per il ristorante ( davvero ottimo ), ho interpretato, speranzoso, la cosa come vezzo del Mario. Ahimè, trattasi non di abitudine, perché mai più verificatasi, ma di semplice sbadataggine dopo aver cambiato l' acqua al pesce. Bottega è persona ineffabile, oltremodo squisita e cortese. Ama perseguitare i clienti facendosi gli altrui cazzi, ma in modo sempre leggero e simpatico. Lo puoi intravedere con la coda dell' occhio, durante la degustazione della sontuosa carbonara o della godereccia lombata alla griglia, mentre ti spia con fare dilettantesco e ti piace immaginarlo mentre si cava un occhio per lanciarlo nel generoso décolleté della tua dama. Se il locale non è stracolmo di stranieri, puoi ammirare il Mario mentre fa il finto vago tra i tavoli, sempre pronto però a sfoderare la fluida e logorroica ars dicendi non appena ne incroci lo sguardo. Tifa Lazio, il Mario, e questo è sicuramente un punto a sfavore, un elemento negativo che però è ampiamente subissato dai pregi:
  1. Mario è fermo al 1800, qualsiasi oggetto contenente componentistica elettronica, che non si limiti cioè alla carrucola, al verricello, al rullo e alla leva, genera in lui stupore e sorpresa: se tiri fuori una macchinetta fotografica digitale ti chiede, ridendo, cosa sia. "Ma le scritte sul display poi compaiono nella foto?";
  2. Mario dà l' idea di provarci costantemente con la tua compagna, nonostante la tua ingombrante presenza. Ma è idea sbagliata: si caverebbe un occhio ( per lanciarlo nel generoso décolleté della tua dama ) piuttosto che darti un dispiacere;
  3. Mario ride. Ride sempre, a costo di suscitare l' impressione della paresi facciale. Ma ti trasmette allegria ed è naturalmente simpatico;
  4. Mario ti schifa apertamente se tu, uomo, non spruzzi virilità come un geiser;
  5. Può capitare che Mario ti prenda apertamente per il culo, ma solo dopo che un minimo di intimità è stata raggiunta;
  6. Mario ti passa sottobanco i liquori, ma solo dopo che un minimo di intimità è stata raggiunta e solo una volta all' anno;
  7. Mario non ci pensa due volte, se invitato, a sedersi al tavolo con te e a mangiarsi il tuo pasto: mi raccomando, non fatelo mai;
  8. La sua provenienza è dubbia ( suppongo qualche remota provincia laziale ), evita con astuzia domande sullo stato civile, per il resto parla pure troppo ed è generoso, come già detto, nel farsi i cazzi tuoi: questo non fa che aumentarne il fascino di stampo prettamente bogartiano di per sè già insostenibile;
  9. Sospetto porti il toupè, ma molti hanno smentito questa mia ipotesi. E meno male: il toupè non farebbe altro che aumentarne il fascino di stampo prettamente bogartiano di per sè già insostenibile;
Insomma, la faccio breve: Mario è una di quelle persone che stimo, è il cameriere che vorrei essere se dovessi fare il cameriere, è solare, simpatico, allegro, non come quella merda di Geremia, il ricchione che lavora alla Pergola e che ti tratta uno schifo. Bottega è parte integrante ( Destino beffardo ) di alcuni dei ricordi più belli che ho e merita di essere il primo protagonista di ευ λογος. Grande Bottega. E come canta Ligabue:

"Ci vediamo da Mario, prima o poi..."

sabato 10 marzo 2007

Megalopoli, megacittà, ipercittà, megaslum

Il processo di urbanizzazione selvaggia è un tema di estrema attualità: consegnato, ad esempio, di recente, agli onori della cronaca in qualità di argomento principe del Catalogo della Mostra (Venezia 2006), la raccolta delle colte conversazioni che Richard Burdett, direttore della Biennale, ha sostenuto con illustri personaggi del mondo contemporaneo, è anche il soggetto del nozionistico, e sempre noioso, "Il pianeta degli slum" di Mike Davis. Un po' di dati: nel 1950 le città con una popolazione superiore al milione di abitanti erano 86; oggi sono all' incirca 400; nel 2015 saranno almeno 550. Si prevede che nel 2050 la popolazione urbana si attesterà sui 10 miliardi. E' ovviamente inutile sottolineare ( qui mi gioco una preterizione che mi era rimasta nelle mutande ) come gran parte di questo fenomeno interesserà i Paesi in via di sviluppo: africani e asiatici vedranno fiorire megalopoli, o megacittà, o ipercittà che dir si voglia, da 20 milioni di abitanti. L' ampliamento orizzontale di città che fagocitano province adiacenti e villaggi un tempo sperduti potrebbe culminare in ininterotti corridoi urbani, come quello che, secondo previsioni riportate da Davis, nascerà dal Giappone/Corea del Nord fino a Giava Ovest: "una città mondiale" bipolare Tokyo-Shangai che sarà paragonabile all' asse New York-Londra nel controllo dei flussi globali di capitali e informazioni". Ma perché la popolazione urbana mondiale cresce con ritmi così vertiginosi? Per tutta una serie di diaboliche concause:
  1. Esodo della manodopera rurale a causa della mancanza di reti di sicurezza che proteggano dalle avversità climatiche, dall' inflazione, dai tassi d' interesse e dalla caduta dei prezzi delle materie prime;
  2. Le guerre e la conseguente mancanza di sicurezza;
  3. L' acclarata abilità nel movimento pelvico che sviluppano, contro ogni logica, tutti coloro che "vantano" ragnatele nel portafoglio e, al contempo, lamentano la mancanza di un televisore.
L' effetto più visibile che scaturisce da queste cause è la generazione di megaslum, gigantesche baraccopoli che si diffondono ai margini, se non nel centro, delle città.


Slum in Delhi on 20 Jun 1973. Picture taken and uploaded by Roger McLassus.

E' curioso notare come nel 1800 lo slum fosse, nel gergo della malavita, sinonimo di racket o traffico criminale e come il termine sia stato sdoganato in seguito. Lima, Kinshasa, Ankara, Il Cairo. Bombay, Caracas, Nairobi, Napoli e Vairano Caianiello: la deflagrazione di aggregati urbani caratterizzati da una povertà senza limiti è inarrestabile e coincidente con la fine delle attuali, principali risorse energetiche non rinnovabili del nostro pianeta. Se da un lato si teorizza che "l' Africa subsahariana raggiungerà l' istruzione elementare universale nel 2130, la riduzione della povertà del 50% nel 2150 e l' eliminazione dele morti infantili evitabili nel 2165" (Davis), dall' altro si prevede che le risorse necessarie finiranno nel 2050. Quindi le teorie sull' Africa non si verificheranno nemmeno per il cazzo. Se ci hanno messo un miliardo di anni per portare l' elettricità in Africa, figuriamoci quanto ci metteranno per le altre fonti di energia. Cosa può fare l' umanità di fronte a previsioni così catastrofiche? Una fava! Le attuali soluzioni urbanistiche e strutturali che dovrebbero alleviare la vita delle nuove megacittà
sono una panacea marcia, rivelatasi fallimentare, laddove applicata, in situazioni di gran lunga meno disastrose. Da un punto di vista economico, le politiche di colossi finanziari come il FMI sono riuscite nel non facile compito di peggiorare uno status quo di per sè già agghiacciante. Speculatori immobiliari, fornitori di servizi igienici ( miliardi di persone senza un cesso fanno tanta cacca all' aria aperta ( ma proprio tanta ) che provoca malattie ed inquinamento), Ong e Banche riescono a trarre profitto anche dalla povertà più assoluta. Sarà divertente verificare l' assedio, tra una trentina d' anni, che i grassi e vecchi occidentali subiranno dai poveri globalizzati. La colpa è di tutti. Tornano potenti alla mente le parole che il malcagato Agente Smith rivolge ad un sudatissimo Morpheus nel film The Matrix ( e che riporto dal sito
[Transcript] Matrix ):
"Desidero condividere con te una geniale intuizione che ho avuto, durante la mia missione qui. Mi è capitato mentre cercavo di classificare la vostra specie. Improvvisamente ho capito che voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d'istinto sviluppano un naturale equilibrio con l'ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l'unic modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un'altra zona ricca. C'è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un'infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga."